Presentata ieri nella sede del CONI l’ultima fatica letteraria di Renzo Bardelli, il “libro della vita“, come lui lo definisce, il racconto dei suoi anni a Palazzo di Giano, prima come Assessore, da una delega all’altra, poi come Sindaco della città. Un percorso storico politico, ma anche socio culturale oltre che di costume, che copre quasi un ventennio della Prima Repubblica. Si snoda infatti dal 1964, quando Renzo fu eletto in Consiglio comunale e ventisettenne ebbe subito l’incarico di Assessore al sociale, fino al 1982 l’epoca della grande “ribellione“, quando si dimise dall’incarico di Primo cittadino prendendo le distanze dal PCI e dal legame con il comunismo sovietico, “in URSS ” dichiarò “non c’è libertà, c’è solo l’uomo morto“. Un libro a mio avviso diverso da “Memorie Comuniste” che ne è una sorta di introduzione politica. Un libro che è soprattutto un romanzo. La storia di un giovane politico che si forma fra i banchi della Giunta locale, che apporta nell’apparato tutto l’entusiasmo e la voglia di fare del ragazzo che è e che in breve dimostra la sua stoffa di amministratore, fra le molteplici difficoltà dovute alla ricostruzione, ai vincoli burocratici, alla scarsità di fondi. La prova che la voglia di fare, la passione, la dedizione totale, sono premianti. Un bell’esempio per il nuovo esecutico cittadino che proprio oggi si è insediato!
Ha vinto il PD da voi.
Pensare che quando c’era il Fascismo, Mussolini disse che se tutti i fascisti fossero stati come quelli toscani lui stesso avrebbe soppresso il Fascismo.