Non sorprende affatto il silenzio del Pdl, non solo lucchese, seguito all’annuncio del presidente Berlusconi di ri-discendere in campo per la sesta volta alla guida del paese. O è il silenzio dell’obbedienza gerarchica e disciplinata, ma non lo credo conoscendo bene non pochi membri del coordinamento lucchese del partito, o è quello dell’imbarazzo e della prudenza dinnanzi l’ennesimo scontato coup de théâtre. Di certo non è sinonimo di gioia o di stupore altrimenti, in qualche forma, un sussulto lo avremmo sentito. Anche questa volta il fatto compiuto della volontà del capo si impone su tutto e su tutti, rendendo necessario ai più accorti, vorrei dire ai superstiti, il più classico attendismo. Allora rompiamo il ghiaccio.Sono molte in queste ore le letture dell’inedito gesto. C’è quello nobile di salvare quel che resta del Pdl e con esso 18 anni di impegno politico, c’è quello sacrificale in risposta a sondaggi non confermati che darebbero una differenza di dodici punti percentuali tra una candidatura Berlusconi e qualsiasi altra, oppure c’è quello tattico – che piace a coloro che possono così trovare giustificazione al loro lungo silenzio – che lavora a definire la legge elettorale, e quindi le alleanze o meno, con cui andremo a votare nel 2013. Tutto lecito, anche logico e finanche comprensibile per gli addetti ai lavori e chi segue la cronaca politica, ma per il resto c’è tutto quel che manca ed è mancato al Pdl fin dalla nascita, in primis quella partecipazione alla definizione delle scelte prima della loro condivisione che avrebbe dovuto contraddistinguere il nuovo soggetto politico tanto atteso dagli italiani che lo hanno votato. La condivisione che manca non è la volontà popolare suffragata nei sondaggi sulla scrivania Berlusconi, che certificano l’ovvio: ovvero che qualche elettore del Pdl ancora lo voterebbe considerata, tutto sommato, l’impossibilità – e non l’inesistenza – di un’alternativa e che la linea politica di questo partito, l’unica bussola, sono ormai le indagini di mercato e gli umori di un uomo solo al vertice. La condivisione che occorre è altra cosa, fa rima con partecipazione, quella proiettata per un anno da Alfano sui maxischermi degli italiani – ecco la discontinuità, i congressi, la promessa di primarie, il merito ritrovato, le migliaia di tessere, i coordinamenti, le commissioni e quanto di più bello si è potuto allestire, anche a Lucca – ma rimasta sostanzialmente tale e virtuale – ed ecco il rovescio referendario, le sconfitte alle amministrative, i circoli vuoti, gli abbandoni, i distinguo, le percentuali ad una cifra. Questa condivisione, bloccata in vari step dai vertici perché in quattro anni non si è mai avuto “il momento giusto”, oggi è di fatto cosa impossibile. Un anno di cura Alfano non ha guarito, perché non poteva guarire, il Pdl dai mali che lo affliggono e che gli sono congeniti sin dal predellino, quella fusione a freddo di Forza Italia, Alleanza Nazionale e spiccioli che, sebbene imposta e cavalcata fortunosamente dalle circostanze e dai sondaggi nel 2008, non è poi maturata in quanto sperato bensì regredendo in continui rinvii unilaterali ed indiscutibili. Un anno inutile che non scagiona nessun dirigente locale o nazionale, che sacrifica un segretario onesto quanto sottomesso, tutto e tutti sconfessati nei pochi secondi in cui è durato l’annuncio del superfluo ritorno. Se, dunque, le letture politiche del gesto sono diverse, per il semplice elettore o tesserato del Pdl l’interpretazione è una ed una soltanto, la stessa da cinque anni a questa parte: l’ammissione definitiva e permanente di non contare niente. E se lo stesso valeva in Forza Italia quanto in Alleanza Nazionale, possano testimoniare i 18 anni di personale militanza che i livelli raggiunti in un lustro nel Pdl non trovano paragone. E come lucchesi, superba declinazione dell’essere toscani, ben consapevoli delle conseguenze pratiche del “non essere” del Pdl di casa nostra, non resta che affrontare il dilemma, quello appunto di esserci o meno. Esserci, accettando supinamente o fanaticamente l’ennesimo calcolo del capo, sostenerlo nella speranza che anche stavolta egli avrà ragione, accettando chissà quale altro maquillage al simbolo ed al nome, chissà quali slogan, quale programma per il paese e chissà quali criteri nella scelta dei candidati che sederanno alla camera ed al senato – con conseguenti fibrillazioni di tanti spasimanti locali oggi in cerca di autore – consapevoli, però, fin da ora che non ci sarà alcuna vittoria per questo partito e per l’Italia che non sia la studiata dilazionata sopravvivenza del capo stesso, la cui presenza in diciotto anni di leadership incontrastabile è passata dal riconosciuto merito alla riconosciuta inadeguatezza. Oppure non esserci, disapprovare apertamente e reagire. Tentare, forse inutili, istanze od ordini del giorno che chiedano il rispetto degli impegni presi da Alfano per una partecipazione al voto in linea con le aspettative del paese con programma e candidati scelti con primarie libere ed aperte ed altrettanto tali alleanze con altre forze, consci tuttavia che una ricezione in tal senso avrebbe il gusto amaro della consueta calcolata elargizione dall’alto, atta a condire l’imminente clima elettorale di spruzzi di novità e discontinuità in linea con il sondaggio del momento. Se qualcuno ha tempo da perdere è pregato di accomodarsi alla più vicina sede del partito, chi invece avesse fede è pregato rivolgersi alla più vicina chiesa. Meglio prendere atto con coraggio di come il Pdl abbia chiuso il suo breve ciclo politico, tale voluto anche dal suo fondatore, sperando si possa seppellirlo speditamente e con dignità, avviandosi ad edificare altrove il nuovo, consapevoli delle immani difficoltà poste sul cammino, contribuendo senza sondaggi ma con l’impegno e la presenza fisica a realizzare il cambiamento chiesto dagli italiani alla propria politica. La posta in gioco ora non è salvare il Pdl, per cui si è fuori tempo massimo e dopo l’annunciato ritorno si è “fuori” e basta, ma salvare Italia ed Italiani. La scelta è ovvia. Comunque si articolerà il voto di primavera lavorare oltre ad unire il cittadino verso nuove forme di aggregazione politica dove, a prescindere dagli orientamenti, prevalgano le regole prima dei ruoli, le idee insieme ai programmi, i valori prima dei cognomi e dei patrimoni, l’uomo prima della fazione. Attraversare questo immenso deserto che si staglia innanzi è, dopotutto, l’unica alternativa per coloro i quali hanno contribuito anche con la loro inerzia a rendere inospitali ed aridi non pochi giardini, già verdi e rigogliosi.
In Italia stiamo proprio messi male. Ma in fondo siamo troppo cretini ed è normale. Io sto iniziando ad avere scarsa considerazione del mio popolo. Oltre alle nostre cattive abitudini, stiamo prnedendo anche il peggio di quelle dei popoli con cui ci stiamo mischiando.
Ora come ora la gente pensa al top player che dovrà comprare la Juve e alle cessioni di Ibra e Thiago Silva, che ci saranno le elezioni nel 2013 lo sanno in pochi.
La politica ha rotto le scatole, in ciò ha contribuito la stampa e i media, nonchè la sinistra. Esse hanno contribuito a martellare incessantemente l’ opinione pubblica facendo nascere in essa un sentimento di antipolitica e di menefreghismo globale, di qualunquismo e incapacità di reagire che spaventa. Fossimo nel secolo scorso , potremmo dire che ci sono tutte le basi per l’instaurazione di un regime.
Purtroppo in Italia il regime c’è sempre stato e non quello diu Mussolini.
In Italia ci sono state due gorsse fregature: la Chiesa e il Partito Comunista.
Entrambi avevano convenienza a fare in modo che la gente non andasse a stare bene in modo da avere sempre la possibilità di manovrarla.
E ancora oggi, nel 2012, ci portiamo dietro questo aspetto.
Berlusconi perderà sonoramente e lo sa benissimo, ma la cosa è ancora piu triste è che si candida non per vincere, ma per limitare la vittoria degli altri.
Ora che gli Italiani siano nauseati dalla politica solo per colpa della sinistra, mi sembra un eccesso di partigianeria. Tutto lo schifo che ha combinato il centro destra negli ultimi anni (Lega compresa), ce lo vogliamo scordare? O magari lo dobbiamo pure condividere?
Si ha ragione,la Lega per colpa del figlio scemo di un uomo ormai non piu in grado di tener le redini del partito ha perso in un baleno 20 anni di credibilità.
Bossi è invalido ed è stato manipolato e circonvenuto da chi fino a prima della malattia gli diceva Signorisì. Lui fidandosi di chi aveva intorno, ha concesso troppo.
Berlusconi invece ha avuto un esaurimento nervoso abbinato a svariati raptus senili che lo hanno fatto completamente sbarellare.
Berlusconi ha perso la stima e la credibilità anche di quelli che lo hanno sempre votato.
Perdere in un anno Milano e Monza penso che sia gia abbastanza per testimoniare come siamo ridotti nel PDL.
La saluto